Paolo Restuccia, secondo te, i cliché possono essere definiti un’erbaccia infestante?

È una bella definizione. In effetti i cliché sono un'erbaccia infestante, perché spuntano quando non li vuoi generalmente. Qualche volta, qualche cliché può essere pure previsto, per esempio nei generi letterari più spinti, è difficile che in un rosa non ci sia un principe azzurro, o in un noir non ci sia un efferato assassino, però generalmente è vero che sono da combattere. Anzi diciamo che tutta la lotta dello scrittore per diventare originale, per essere autentico, è una lotta contro i cliché. I cliché di tipo drammaturgico, e cioè quelle storie che si ripetono sempre uguali; una delle più terribili sono quelle che comprendono un personaggio che si sveglia alla fine del racconto e si accorge che è stato tutto un sogno. Ecco, per esempio, chi ha avuto quell'idea all'inizio ha avuto un'idea geniale, ma se uno la ripete oggi, è soltanto un autore di poca fantasia; oppure uno che si sveglia la mattina e non sa se ha sognato, oppure se è vero quello che è successo rimanendo sempre nell'ambito del sogno. Questi sono i cliché più terribili, ma ci possono essere anche dei cliché meno visibili, tipo, per esempio, le citazioni colte, perché, l'autore mettendo una citazione al punto giusto fa vedere quanti libri ha letto. Anche questo è un cliché e devo dire tra i più terribili.