Giornale Radio Sostenibilità artwork

L’ondata di protezionismi provocata dalla guerra in Ucraina | 18/05/2022 | Sostenibilità

Giornale Radio Sostenibilità

Italian - May 18, 2022 03:59 - 3 minutes - 8.15 MB
Science sostenibilità news sostenibile notizie sostenibili notizie Homepage Download Apple Podcasts Google Podcasts Overcast Castro Pocket Casts RSS feed


L’ondata di protezionismi provocata dalla guerra in Ucraina - che ha portato, recentemente, anche l’India a bloccare l’export di grano - desta l’ allarme carestia in 53 Paesi nei quali la popolazione spende almeno il 60% del proprio reddito per l’alimentazione. E si tratta di nazioni che sono, quindi, colpite in maniera insostenibile dall’aumento dei prezzi di grano e riso.
E’ quanto afferma un comunicato della Coldiretti, che sottolinea come certe scelte protezionistiche porteranno, nei Paesi ricchi, ad una crescita dell’inflazione, ma in quelli poveri allargheranno anche l’area dell’indigenza alimentare.
La decisione dell’India di sospendere le esportazioni sconvolge i mercati nei quali puntava ad esportare ben 10 milioni di tonnellate di grano nel corso del 2022, anche se non in Italia. E si parla di un annuncio che segue di poco quello dell’Indonesia relativo alla sospensione delle esportazioni di olio di palma, di cui il Paese e il primo produttore mondiale. Sono molti i Paesi normalmente esportatori di cereali che, in questo momento, stanno fermando le loro spedizioni: ed anche in Europa una misura simile, decisamente contestata dalla Commissione Europea, è stata presa dall’Ungheria relativamente al mais,con pesanti effetti sull’Italia che, nel 2021, ne aveva importato ben 1,6 miliardi di chili.
Una situazione che – spiega la Coldiretti – peggiora gli effetti di una guerra che sta coinvolgendo direttamente il commercio di oltre un quarto del grano mondiale, con l’Ucraina che insieme alla Russia controlla circa il 28% degli scambi internazionali con più di 55 milioni di tonnellate movimentate, oltre al 16% degli scambi di mais (cioè 30 milioni di tonnellate) per l’alimentazione degli animali negli allevamenti ed al 65% degli scambi di olio di girasole (10 milioni di tonnellate).
Inoltre, il blocco delle spedizioni dai porti del Mar Nero, causato dal conflitto in corso, ha alimentato , sul mercato delle materie prime agricole, anche gli interessi della speculazione finanziaria, la quale tende oggi a spostare la sua attenzione sui prodotti agricoli, le quotazioni dei quali “dipendono – come spiega Coldiretti - sempre meno dall’andamento reale della domanda e dell’offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie di mercato che trovano nei contratti derivati – i cosiddetti future - uno strumento su cui chiunque può investire acquistando e vendendo solo virtualmente il prodotto, a danno degli agricoltori e dei consumatori”.
Il risultato si è concretizzato, pertanto, in un balzo delle quotazioni delle materie prime alimentari a livello mondiale che sono aumentate in media del 29,8% nell’ultimo anno. Ed in particolare, i prezzi internazionali dei cereali sono cresciuti del 34%, i lattiero caseari del 24%, lo zucchero del 22%, la carne del 17% ed i grassi vegetali addirittura del 46%.
La carenza di grano ha, inoltre, portato molte comunità a mutare la propria dieta con la sostituzione dei piatti a base di grano con il riso che, a sua volta, ha registrato un’impennata sia dei prezzi (+ 21%), che dei consumi mondiali che, nel 2022, raggiungeranno il record degli ultimi dieci anni con quasi 521 milioni di tonnellate, in aumento di oltre 9 milioni rispetto all’anno scorso. E si tratta – continua Coldiretti – del cereale più consumato al mondo, essendo alla base dell’alimentazione di molte comunità, a partire dai Paesi asiatici, ma anche in alcune aree dell’Africa.
L’ emergenza mondiale riguarda, comunque, direttamente anche l’Italia che è un Paese deficitario ed importa addirittura il 62% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti, il 35% del grano duro per la pasta ed il 46% del mais destinato all’alimentazione del bestiame. Per fortuna, il Bel Paese è pero’ autosufficiente almeno per quanto riguarda il riso di cui è il primo produttore europeo, con oltre il 50% dei raccolti per un totale di circa 1,5 milioni di tonnellate di risone all’anno: anche se quest’anno in netto calo per effetto della siccità e degli alti costi di produzione.