Per il sistema dei partiti l'incarico di Mario Draghi ha certamente un valore salvifico. Non si spiegherebbero altrimenti le velocissime aperture di Silvio Berlusconi, Luigi Di Maio, Virginia Raggi, la ventilata disponibilità di Matteo Salvini, il riposizionamento di Nicola Zingaretti e il salto della quaglia di Matteo Renzi. Senza l'ingresso di Mario Draghi nella scena politica nazionale i leader di maggioranza e opposizione avrebbero dovuto ammettere il sostanziale fallimento della loro azione nelle settimane burrascose della crisi. E qui guardate non esiste chi ha vinto e chi ha perso. No, qui hanno perso proprio tutti, nessuno escluso. Ha perso pure quello che alcuni giornali dipingono erroneamente come un vincitore, cioè Matteo Renzi che oggi sulle pagine di Repubblica tenta di prendersi meriti inappropriati. Perché l'operazione Mario Draghi è stata diretta abilmente dal Capo dello Stato Sergio Mattarella non appena ha avuto la conferma che la trattativa che aveva messo in piedi il Presidente della Camera Roberto Fico sarebbe naufragata tra veti incrociati e richieste impossibili. Ora i principali partiti di maggioranza e opposizione sono costretti ad appoggiare Mario Draghi, anche i più scettici come il M5s e la Lega, se non vogliono restare ininfluenti sul piano politico e fuori dai grandi giochi che si apriranno non appena si dovrà mettere mano al Recovery, il vero banco di prova del sistema Paese.