Alla fine il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte incassa la fiducia del Senato anche con maggioranza relativa: 156 si, 140 no e 16 astenuti.
Sono molti i fattori che hanno determinato questo successo personale e politico del premier.
Sul piano tecnico al Governo sarebbe bastato un solo voto in più dei suoi oppositori.
A questo si aggiunge il regolamento del Senato in vigore dal 2017 che considera le astensioni come tali, non più contabilizzate come preferenze contrarie, in questo caso le 16 astensioni di Italia Viva.
Sotto il profilo personale, Conte è andato avanti in questi giorni per la sua strada senza farsi travolgere dalle polemiche innescate dal suo avversario principale, Matteo Renzi, che invece lo attaccava su ogni canale radiofonico, televisivo e sulle prime pagine dei giornali.
Conte ha scelto un'andatura sobria, e ha portato se stesso e ciò che restava della sua maggioranza dritti in Parlamento.
In Senato si è presentato come un uomo che intende fare Bene Comune, il cui cammino si è interrotto da un componente della maggioranza che ha messo davanti i propri interessi personali a quelli dell'intero Paese. E' stata la sua strategia, dall'inizio della crisi ad oggi.
Più volte, nel discorso e nella replica, Conte si è fatto la stessa domanda che si pone la maggioranza degli italiani: è giusta una crisi politica in mezzo ad una pandemia epocale? E alla fine questa è stata la mossa vincente di Conte che ha messo all'angolo Renzi. Lo ha dipinto come una persona inaffidabile.
Ma la fiducia non può far passare in secondo piano le difficoltà che permangono, e riguardano l'ampiezza e la coesione della maggioranza politica. Un margine così ristretto di voti porterà più volte Conte ad affrontare lo scoglio parlamentare, anche chiedendo la fiducia, ma è il sale della democrazia.
Sarà la prossima sfida del Governo.