In un futuro prossimo, non molto lontano e non così irrealistico, Taranto è stata tagliata fuori dal resto del paese a causa del disastro ambientale provocato dall'acciaieria.


Un nuovo ordine si è ristabilito nella "Taranto Nuova" popolata da famiglie benestanti e dalla severa Polizia, mentre il caos continua a regnare nella "Vecchia Taranto", dove chi non ha avuto la fortuna di essere stato evacuato, si ritrova a schierarsi in diverse bande, per ottenere il potere su ciò che resta della città.


In uno scenario così apocalittico ed estraniante (serve solo aggiungere che Roma non è più la Capitale e che se si vuole emigrare si fugge in Africa), Alessandro Celli, alla sua prima regia, riesce a muoversi agilmente sul terreno "scivoloso" di una storia che potrebbe essere accusata di essere troppo banale e scontata. Ma non c'è nulla di tutto ciò.


Un grande merito va dato al regista italo-canadese che è stato in grado di attingere a grandi capolavori come "Il Signore delle Mosche" e "Waterworld", fino ai B Movie degli anni '80, per la costruzione di un mondo fallimentare e degradante, che facesse da sfondo alla storia di emancipazione di due giovani orfani.


Ma il merito più grande è da attribuire ai due giovani protagonisti, Dennis Protopapa (Mondocane) e Giuliano Soprano (Pisciasotto), che sotto la guida del leader delle "Formiche" Testacalda (interpretato da uno schizzato e sociopatico Alessandro Borghi), reggono sulle loro spalle l'intero ritmo della storia, regalando un ulteriore senso di veridicità alla vicenda.


"Mondocane" è un film dove non è presente alcun divario generazionale: nessuno è adulto e nessuno è bambino. Tutti sono accomunati nello stesso stato di fallimento sociale.


"Mondocane" non è un film semplice: può essere un normale film d'azione, una provocazione, oppure un racconto di formazione o una storia esistenziale.


Questa è la bellezza del primo film di Alessandro Celli, che può cambiare pelle in base agli occhi del singolo spettatore.


Viva il cinema!